La storia della vicenda espressiva di Fausto Minestrini ha un inizio abbastanza recente tenendo conto che l’artista perugino non ha ancora raggiunto le soglie della maturità.
Si tratta di un interesse estetico formatosi negli ultimi decenni del ‘900 quando già nelle arti visive la deflagrazione si stava verificando togliendo misura e senso ai secoli di pittura che hanno formato le nostre dimensioni piu’ note.
Ma ci sono antefatti che conducono alle sue esperienze giustificandole pienamente ed hanno nomi eclatanti.
Per ricordarne uno dei piu’ vicini a lui ed a noi, cito Alberto Burri che il pittore ha molto osservato, con accurate riflessioni anche senza abusare in modo evidente della lezione appresa.
Infatti, analizzando le sue opere, le citazioni che si possono fare hanno altri e vari referenti a partire dall’espressionismo astratto alle geometrie in parte figurative di un artista umbro che molto ha influito sulla sua formazione e sulla formazione di giovani pittori che lo hanno seguito, tanto che si potrebbe persino parlare di una scuola.
Ci riferiamo allo spoletino Giuseppe De Gregorio, fonte d’attrazione e di stimoli che si sono poi diversificati secondo le personali autonomie.
Dapprima l’esperienza è forse ancora un poco provinciale ma questo può essere anche un punto di forza, lo specchio intimo di una vita quotidiana conosciuta sin nella profondità delle sue proposte esistenziali.
Una disposizione ben radicata per Fausto Minestrini sulla cui opera ho curato recentemente una monografia con la collaborazione di altri amici e colleghi critici d’arte.
L’esisto del percorso di Fausto Minestrini ha portato a dipinti spigliati e consapevoli, certamente positivi nonostante le ansietà e le inquietudini che si intravvedono nelle pieghe dell’opera attraverso simboli descrittivi a sigla del quadro. Sul fondo c’è il disagio di un’intera generazione, bruciature e ferite che soltanto la pietà compone secondo regole naturalistiche, le stesse che Minestrini ama approfondire nel suo contatto costante con un ambiente adatto a favorire queste osservazioni, nel verde della campagna umbra, in un luogo misterioso e scaramantico come Casa del Diavolo.
Il suo crescente interesse verso una piu’ aperta possibilità espressiva oltre le condizioni di una ritualità realistica, eppure tenendone conto, lo ha condotto ad accogliere l’oggetto come partecipazione alla commedia umana, fuori dalle convenzioni che legano alla consuetudine.
Per questi motivi ogni cifra rappresentativa si inserisce nei suoi dipinti come punto focale intorno al quale l’artista costruisce il suo apparato scenografico, le sue strutture ideali, a tagli decisi ed a brandelli cromatici.
Naturalmente, oltre ad essere una chiave di lettura per l’osservatore.
Ma non voglio sovrapporre queste osservazioni a quanto ho già espresso, scrivendone, sull’opera di Minestrini.
Preferisco pensare al suo modo di vivere ed operare, in arte e nella vita, senza lasciarsi suggestionare dalle sconnessioni della storia.
Nei nostri incontri per formulare una giusta impostazione alla monografia che conclude una prima fase della sua attività aprendosi a ciò che avverrà in seguito, Fausto mi disse che quando egli cammina per la strada ed incontra una persona od inquadra un oggetto, le forme si insinuano in lui coinvolgendolo totalmente.
Poi le stesse forme ed il colore dentro ed intorno a queste vengono lasciati alle spalle per dare vita ad una traccia nuova che sconcerta l’autore stesso per il flusso pittorico che ne consegue, stimolato dal pulsare dell’immaginazione.
E’ un processo creativo contemporaneamente perseguito nella duplicità dell’invenzione per cui ogni dipinto di Minestrini è l’uno e l’altro, la memoria e l’anticipazione del futuro, in felice simbiosi.
Del resto basta entrare nel suo studio al mulino che ora è diventato la sua casa e la casa della sua gente per rendersi conto della forza istintiva che si agita in lui, a contatto con gli strumenti dell’arte ed anche con gli attrezzi di orto e giardino, altro mezzo da lui usato per esprimersi, tanto che mi è venuto spontaneo, d’accordo con l’artista, di siglare il suo impegno con i versi del cantico francescano citati nella monografia.
Franca Calzavacca